Un sontuoso bianco e nero

Il fumetto lo conoscevo già, anche se per sprazzi, per frammenti.
Mi ci ero imbattuto anni fa in un volumone (oggigiorno fuori commercio) edito dalla tedesca Taschen, titolato programmaticamente Manga, che raccoglieva esempî di autori giapponesi, dai più commerciali ai più audaci, all’avanguardia. E le poche tavole di Kusumoto Maki appartenevano senza dubbio a quest’ultima.
Un sontuoso bianco e nero in cui si materializzava una cerimonia funebre: bastava poco per accendere l’immaginazione, per farla volare e pensare con esaltazione a un intero fumetto disegnato con la stessa raffinatezza di quelle due tavole.
Al cimitero
E ora ho avuto il piacere e l’onore di lavorare, traducendolo, proprio La processione funebre di K, in uscita quest’anno per Star Comics.

La processione funebre di K

La storia sembra scritta senza una previa pianificazione, sembra partire da uno spunto casuale: il ritiro dei Morcufara, elusivi oggetti che si manifestano negli appartamenti di uno stabile, oggetti dalla funzione ignota.
Ma ecco che, terminato il prologo sospeso nella sua oniricità, si aprono le pagine della Processione funebre di K propriamente detta.
Qui incontriamo ancora gli stessi personaggi del prologo, implicati a vario titolo, e solo leggendo si scoprirà come, con la sparizione e morte di K, l’eponimo della storia. In ogni capitolo l’autrice ci porta vicini a scoprire la verità nascosta, per poi togliercela di sotto il naso con beffarda maestria. Il dipanarsi della vicenda procede per accumulo, facendoci conoscere, uno dopo l’altro, i personaggi dello stabile e le loro particolarità e idiosincrasie, personaggi ora completamente surreali, bizzarri (ad esempio la figura del macellaio), ora traversati da sottili venature in cui si intravvedono dolore e tragedia (ad esempio la donna dei manichini).Il macellaioAl termine di questa lunga salita in cui la storia viene via via composta, il mistero della morte di K viene poi risolto con un processo di smontaggio e decostruzione, che va a coinvolgere a vario grado tutti gli inquilini del condominio. Resta, sullo sfondo e in primo piano, dominante nella sua assenza, la figura dello stesso K, la cui enigmatica presenza non viene sciolta dalla tragedia finale ma, anzi, dolorosamente ribadita.
A ribadire la natura aperta dell’opera si aggiungono i capitoli extra del volume, che vanno a incastrarsi nella storia principale, ora rivelando retroscena sulla figura dello stesso K, rimpolpandone la caratterizzazione e restituendocene la tridimensionalità, ora invece presentando nuovi enigmi. L’autrice procede sempre alternando una costruzione per accumulo, che va a formare una struttura narrativa solida, all’esplorazione di spunti estemporanei che minano la possibilità della stessa solidità, facendo correre la sua opera sul sottile crinale che divide sogno e realtà, visione e materialità.
Di questi ultimi capitoli non si può non citare, come particolarmente riuscito e toccante, L’ascesa al cielo di G, che va a intessere con la storia principale un gioco dialettico di riflessi e riflessioni sulla natura effimera della felicità, specie quando questa si intreccia con una realtà di esclusione ed emarginazione.

Estetica e sperimentazione

Nel prologo che precede La processione funebre di K, l’autrice lavora componendo tavole le cui singole vignette si susseguono quasi fluttuando nel vuoto di sfondi ora neri ora bianchi, inquadrando singoli dettagli e intrecciandosi con la verticalità dei testi. Fanno da contorno disegni fotorealistici di scale a chiocciola, lumache silenziose, meccanismi a ingranaggi. È una composizione della tavola fortemente sperimentale che ricrea atmosfere sospese e silenziose.

Maggiormente misurata e convenzionale la costruzione di La processione funebre di K vera e propria. Ora il centro focale è la presenza dei personaggi. I fondali si fanno quasi assenti, i volti e i corpi si stagliano quasi sempre privi di ombreggiature contro campiture bianche. Il tratto, sottile, alterna stilizzazioni di volti e mani con un indugio sul dettaglio dei vestiti, delle capigliature, specie sui personaggi più bizzarri.

La tensione sperimentale riemerge in L’ascesa al cielo di G, singolarmente ricco di testo, sempre in rapporto alla sua scarna presenza nei capitoli precedenti. Qui il fumetto assume quasi una valenza di racconto illustrato, in cui i disegni tendono a sottrarsi all’occhio del lettore, quasi a sprofondare nel bianco che ancora domina la tavola.

In intro., breve capitolo che, come dice il titolo, ci permette di dare un’occhiata agli eventi che precedono La processione funebre di K, l’autrice lavora sulla varietà delle inquadrature producendo un ritmo sincopato, mentre il singolare uso del colore rosso insinua tra le tavole l’atmosfera di decadenza e disperazione, introducendoci nella psiche instabile del protagonista.

Tradurre Kusumoto Maki

Non c’è molto altro da dire.
Inaspettatamente i testi dell’autrice non ardiscono a chissà quali vette di complessità, tutt’altro. Punteggiano il disegno e lo accompagnano in maniera contenuta e misurata.
L’autrice predilige un linguaggio semplice, asciutto, che a tratti va a frantumarsi in colloquialismi, frasi interrotte e poi riprese.
Qui più che mai la traduzione deve trattenersi, deve resistere alla tentazione (sempre presente in ogni traduzione) di aggiungere dei sovrappiù che riempiano gli eventuali vuoti e sottintesi degli originali.
Tradurre Kusumoto Maki implica un lavoro di sottrazione, che riduca al minimo la frase anche nell’italiano, per restituire anche nella nostra lingua gli scarni dialoghi che, nel testo giapponese, sbocciano e splendono come fiori perduti negli spazî monocromi del fumetto.