Da qualche parte dell’America centrale… un piccolo bimbo guida un giovane uomo, si dirigono lungo una pietraia assolata, si mettono in agguato nei pressi di una fonte d’acqua. Il giovane è un giappone, si chiama Ryōsuke , e imbraccia un fucile. Attende l’arrivo del mostro che terrorizza la regione, il mostro il cui nome è Bagi. Un’attesa lunga più di un’ora. Un’attesa in cui Ryōsuke ripercorre con la memoria la sua vita: i suoi primi incontri con Bagi, quand’era ancora una gattina innocente; e poi, diversi anni più tardi, la loro fuga e infine il destino che li separa, e li pone l’uno contro l’altra. Bagi è una donna-gatto, frutto di esperimenti genetici, condannata alla morte ancor prima della nascita, che ha trovato una salvezza inaspettata in Ryōsuke l’unico umano in grado di accettarla, di proteggerla. Ryōsuke, che ora le punta contro il fucile, pronto a ucciderla.
Bagi (バギ), del 1984, è l’ultimo di una serie di lungometraggi televisivi prodotti da Tezuka Osamu a partire dal 1978, una serie denominata Ai wa chikyū o sukuu (愛は地球を救う: “L’amore salverà la Terra”). Definizione programmatica: pacifismo, ecologia, fiducia nei sentimenti e nelle emozioni, moniti contro la tecnologia e le armi, e i governi spietati che le utilizzano, grandi catastrofi e barlumi di speranza… i classici temi di Tezuka, condensati in forme spesso piuttosto semplici, concepiti per un pubbico giovane. Un pubblico che, tra l’altro, almeno nel fumetto, Tezuka ha ormai quasi abbandonato da un pezzo: nello stesso periodo vengono pubblicati Ayako, MW e Kirihito, battistrada a quella che è forse l’opera migliore di Tezuka, La storia dei tre Adolf. Quest’ultimo comincia la pubblicazione proprio un anno prima (1983) dell’uscita di Bagi.
Ho già scritto del difficile rapporto di Tezuka con l’animazione a proposito di un suo altro film più o meno dello stesso periodo. Anche Bagi e i suoi omologhi presentano gli stessi i problemi: vistose incoerenze grafiche, movimenti di macchina spesso incomprensibili o goffi, enormi ingenuità di sceneggiatura. È proprio Bagi, però, uno dei risultati più apprezzabili; forse non è un caso che Tezuka stesso abbia partecipato attivamente e personalmente a gran parte delle fasi produttive, senza delegare troppo ad altri. È difficile comunque non rimanere perplessi, ad esempio, di fronte ad alcune bizzarre intrusioni: citazioni estemporanee da Biancaneve; un personaggio di nome Cement(!) Bond, accompagnato da una musichetta quasi identica ai film dell’agente segreto 007… e poi, ad aprire e chiudere il film, ambientazione e regia che fanno il verso ai western di Sergio Leone, e la colonna sonora che ricalca quelle di Ennio Morricone…
Ecologismo e pacifismo, si diceva. Bagi è un po’ una grande tirata contro la bioingegneria, e gli esperimenti sui viventi in genere. Si condannano gli esperimenti sugli animali, perché fonte di sofferenza gratuita in creature sensibili e (dal punto di vista di Tezuka) non così lontane dall’uomo come si penserebbe; il tutto al servizio del profitto o, peggio ancora, degli apparati militari e di una politica sporca. Non solo, però. Tezuka sembra anche suggerire che la ricerca genetica sia comunque mostruosa in quanto tale, negativa in ogni caso, i cui figli non potranno essere che creature prive di una propria natura come Bagi, mezza umana e mezza felina, mostri privi di una vera natura. Così Tezuka in un’intervista a proposito del film: “recentemente in Giappone il Partito Liberaldemocratico [al potere al tempo, e anche adesso] ha dato il permesso per gli esperimenti, e così nel nostro paese è diventata lecita l’ingegneria genetica; ma io, in questo, avverto un enorme senso di pericolo. Quest’opera [Bagi] dovrebbe esprimere con forza il mio grido d’allarme”.
Curiosamente, nello stesso anno di Bagi (1984), arriva nei cinema giapponesi anche Nausicaä, di Miyazaki. Nausicaä (coi seguenti film dello Studio Ghibli) segna una rivoluzione irreversibile per l’animazione giapponese, portandola a competere, da pari a pari, eppure in modo autonomo, con il cinema non d’animazione. Nausicaä, poi, affronta le stesse tematiche di Bagi, e dell’opera generale di Tezuka: il confine tra il mondo umano e quello della Natura, e, tra questi due mondi, cosa sia lecito e cosa illecito. Non scendo nei dettagli, ma è ovvio come Nausicaä sembri ripetere il credo di Tezuka: teniamo giù le mani dalla Natura, e tutto andrà bene (o perlomeno, non troppo male). Il film venne celebrato come “ecologista”, ma la cosa non fece molto piacere a Miyazaki (ancor meno piacere gli fece che Nausicaä fosse vista come una sorta di messia). Tanto che, portando avanti Nausicaä fumetto, lo stesso Miyazaki riprese e ribaltò le questioni del film, dandovi risposte molto diverse. Diverse anche da quelle che si trovano in Bagi, e nel Tezuka televisivo. Ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare (forse) un’altra volta.